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Periodi musicali classici

Come ogni ambito culturale della nostra storia, anche la musica classica ha attraversato numerosi fasi e correnti, che possiamo riassumere principalmente in tre periodi: il Barocco, il Classicismo e il Romanticismo.

Il Barocco

Per convenzione, l’epoca del Barocco ha inizio nel 1600 e termine nel 1750: si tratta di un momento di grande innovazione per l’Europa, con la nascita dell’opera e lo sviluppo della musica strumentale, una straordinaria fioritura di talenti tra cui spiccano Johann Sebastian Bach e Georg Friedrich Händel.

Saranno loro a compendiare efficacemente tutte le mode musicali del periodo, sebbene con fortune ben diverse: mentre Händel troverà il consenso del pubblico, quasi come una vera star dei giorni nostri, Bach resterà più nell’ombra, anche per via del suo genio conservatore. Troverà un successo postumo a quasi 80 anni dalla sua morte.

Il Classicismo e il Romanticismo

A partire dal 1750, sino al 1820, ha inizio il periodo del Classicismo, incarnato dal suo artista più noto, Wolfgang Amadeus Mozart. Enfant prodige, genio sin dalla tenera età, Mozart suonerà presso le corti di tutta Europa e segnerà un’epoca intera, diventando un punto di riferimento per chiunque vorrà cimentarsi nella composizione musicale.

Di qualche anno più giovane, Ludwig van Beethoven inizia a farsi strada con le sue sonate e le sue sinfonie, definendo uno stile più intenso e appassionato che aprirà le porte al Romanticismo.

Il Romanticismo

La corrente del Romanticismo ha inizio nel 1815 e prende forma dalla natura e dal nazionalismo: i suoi maggiori esponenti sono Robert Schumann, Richard Strauss, Fryderyk Chopin, Johannes Brahms, Niccolò Paganini, Franz Schubert, George Bizet e Franz Liszt.

Menzione d’onore per Richard Wagner, inventore del dramma musicale: con lui il romanticismo toccherà le vette più alte, grazie a una straordinaria e innovativa combinazione di musica, arte, teatro e poesia.

Nascita della musica classica

Con lo sviluppo della società moderna, la nascita delle lingue volgari e il miglioramento delle condizioni di vita al termine dell’Alto Medioevo, l’evoluzione culturale ha portato dei cambiamenti anche in ambito musicale. È intorno al 1100 d.C. che risalgono le prime testimonianze della canzone profana volgare, slegata dall’ambito religioso e molto più “popolare”: i suoi protagonisti non sono più monaci e benedettini, ma persone del popolo, come giullari, trovatori, menestrelli e saltimbanchi.

Ciò non ha arrestato il parallelo percorso della musica cosiddetta colta, per capirci quella degli aristocratici: impossibile non citare la fioritura di nuovi strumenti e lo sviluppo dell’industria relativa durante e dopo il Rinascimento; è grazie ai liutai che il linguaggio musicale si fa sempre più ricco, con l’introduzione di tecniche quali la polifonia (canto a più voci) e il contrappunto (a ogni nota di una melodia ne corrisponde un’altra). Contemporaneamente, gli artisti iniziano a godere di più libertà di sperimentazione, restando in bilico tra l’afflato religioso e l’istinto.

La musica colta europea

Definire la musica classica è un vizio di forma, in quanto è un’etichetta data a posteriori dopo la recente nascita dell’industria musicale, la quale ha creato a sua volta la necessità di ordinare i cataloghi in generi per una fruizione più semplice e intuitiva. Difficile però negare che oggi sia di uso comune intendere per musica classica tutte quelle opere del passato che si presentano suonate da orchestre.

Possiamo comunque affermare che, per musica classica, ci riferiamo all’insieme di stili e forme musicali nate intorno al 1500 e giunte fino a noi.

Classica per chi?

Come abbiamo appena visto, i confini che delimitano la musica classica non sono netti, né a livello temporale che stilistico, pertanto è solo una definizione assegnata dai posteri e ormai usata per convenzione. Il termine “classico” rischia infatti di essere fuorviante: ciò che oggi a noi appare come decisamente “classico e tradizionale”, in realtà non è detto lo fosse per chi viveva al tempo della sua composizione. E ciò è ancor più verso se pensiamo che anche la musica colta contemporanea viene a volte inserita in tale genere.

La prima volta che troviamo un riferimento scritto alla musica classica risale all’inizio del secolo XIX: si vuole glorificare l’epoca d’oro della musica colta europea canonizzandone i periodi di Bach, Mozart e Beethoven.

Musiciste più belle grazie alla chirurgia

La tecnologia sempre più moderna ed efficace applicata alle protesi ai glutei consente alle donne di sfoggiare un lato b sempre più in forma e prorompente, come dimostrano le tante musiciste e dive del mondo dello spettacolo che vi ricorrono spesso.

Rispetto al passato, anche quello recente (basti pensare agli anni ’60 e ’70), il mondo al femminile della scena musicale di oggi è un perfetto terreno di sperimentazione per mostrare una bellezza ancora più sofisticata e conturbante.

Non solo musica ma anche balli e coreografie

Le artiste di oggi sono delle vere e proprie performer: durante i loro concerti si assiste a degli show completi di balli, danze, coreografie e scenografie dal grande impatto visivo; una musicista deve quindi saper cantare ma anche ballare e mantenersi tonica per tutta la durata della sua carriera. Questo è sicuramente uno dei motivi che spingono molte donne a ricorrere alle protesi glutei, grazie alle quali possono essere ancora più belle.

Tante di loro possono giovarsi delle tecniche di chirurgia ormai giunte a livelli di efficienza mai visti prima: interventi non invasivi, nessuna controindicazione, possibilità di rigetto ridotte al minimo, protesi glutei ergonomiche e realizzate con materiali di alta qualità per dare risultati naturali. È infatti compito degli specialisti di questo settore quello di progettare supporti estetici che simulano la tonificazione muscolare, come se i glutei fossero stati sottoposti a un allenamento intenso.

I lati b più famosi al mondo

Quali sono dunque i lati b ritoccati più famosi? Senza dubbio il nome più gettonato è quello di Kim Kardashian, una star americana che si è cimentata praticamente in ogni forma di intrattenimento, dalla musica al cinema, dagli show televisivi all’alta moda. Il suo noto fondoschiena è frutto di una serie di interventi sempre più sofisticati.

L’altro nome conosciuto, ma forse meno ai più anziani, è quello della rapper originaria della Repubblica di Trinidad e Tobago, Nicki Minaj, in grado di sfoggiare oggi un lato b effettivamente davvero sporgente: un aspetto seducente che, sommato al suo talento musicale, ha contribuito a creare un mix esplosivo a cui non si può rimanere indifferenti.

Il pop e la musica leggera

Da quando si è sviluppata in chiave moderna, la musica ha sempre preso due strade principali: da un lato, una forma più colta e ricercata, dove la sperimentazione è un fattore cruciale; dall’altro una forma più popolare e accessibile, in cui gli schemi e gli stilemi sono spesso ripetuti per abituare l’ascoltare a qualcosa di familiare.

Con l’esplosione dell’industria discografica, la seconda via ha preso sempre più piede, diventando oggi la forma predominante della musica. La chiamiamo di proposito “leggera” per indicare composizioni e canzoni meno impegnate (ma non per questo meno intense).

È a partire dagli anni ’60 che si viene a parlare di musica pop: Stati Uniti ed Europa, dopo i disastri della guerra, attraversano una fase di intense trasformazioni che portano il blues e il country verso territori nuovi, dal rock and roll al rhythm & blues, dall’hard rock all’hip hop. Le canzoni di protesta dei movimenti giovanili toccano l’apice a metà degli anni ’70, per poi lentamente sfociare nel periodo degli anni ’80, caratterizzato da forme musicali più elettroniche, testi meno politici e una netta predominanza delle grandi etichette a scapito delle case discografiche più di nicchia.

Musica: quando tutto ebbe inizio

La musica è una parte fondamentale delle nostre vite, spesso la colonna sonora dei nostri ricordi, dei nostri eventi più importanti – belli o brutti che siano. A tante canzoni o a motivetti associamo i momenti cruciali che ci hanno reso quello che siamo. Per tanti la musica è anche un modo di viaggiare, proprio come lo è la letteratura: una via per vivere altre vite, altre storie, per immedesimarsi e sentirsi meno soli. La musica è infine uno strumento educativo di cui solo recentemente stiamo scoprendo tutto il potenziale.

Siamo ormai abituati da quasi un secolo a parlare di generi musicali, ma la storia della musica ha inizio ben prima che si cominciasse a inquadrarne le strade. Essa proviene da una sfera più antica e autentica, da riti tribali e religiosi, da ritmi e rumori primordiali utilizzati per veicolare un’ampia varietà di messaggi.

Ha senso parlare di storia della musica?

La musica ha un vero inizio? Non abbiamo una risposta certa a questa domanda sulla sua storia, ma possiamo provare a formulare alcune ipotesi. Innanzitutto, va detto che l’udito è uno dei sensi più importanti, grazie al quale possiamo comunicare e metterci in salvo da eventuali pericoli; in secondo luogo, abbiamo conoscenza di alcune incisioni risalenti a 20 mila anni fa: le prime sembrano mostrare delle attività musicali la danza, le seconde raffigurano uno strumento ad arco.

Il suono della natura

Molto dipende da cosa intendiamo per musica: la natura ha un’ampia gamma di suoni che ogni giorno raggiungono le nostre orecchie: la pioggia che batte, il vento che sibila, i tuoni che esplodono in lontananza, l’andirivieni del mare e l’infrangersi delle onde; poi ci sono i suoni degli esseri viventi. Ci sono i versi degli animali, il nostro respiro, il misterioso battito del nostro cuore.

Insomma, è difficile pensare che la musica sia nata d’improvviso, perché forse è sempre stata “dentro” il mondo. Immaginiamo di essere uno dei nostri antichi progenitori, di trovarci all’entrata di una caverna, il buio di fronte a noi, e di cacciare un urlo; l’eco prodotta è mistica, religiosa, musicale.

Il suono dei popoli antichi

Difatti, i popoli antichi hanno interpretato il suono come energia: i Babilonesi l’hanno codificato nelle loro scoperte astronomiche e matematiche, gli antichi Greci l’hanno reso alla stregua della poesia, perché pensavano che avesse effetto sia sulla mente razionale che sull’anima; per Platone era chiaro il ruolo fondamentale della musica nell’educazione morale e civile del suo popolo.

Diverso il discorso per i Romani, attratti per lo più dal senso ludico del ritmo: così la musica accompagnava le esibizioni teatrali e militari per aumentare l’appagamento di tutti i sensi. Fu poi il Cristianesimo a riportare la musica verso la sua interpretazione più mistica, con i famosi canti gregoriani che permettevano ai fedeli di avvicinarsi ancora di più a Dio.

La nascita della musica pop

Come si arriva dalla musica classica alla musica popolare? Soprattutto grazie alla nascita della radio, dei supporti di registrazione e di riproduzione. Ciò che una volta poteva essere ascoltato esclusivamente dal vivo, adesso diventa fruibile semplicemente mettendo un disco sul piatto (un’abitudine che però all’inizio è destinata solo ai ceti più abbienti) o accendendo la radio.

Blues e Jazz

La rivoluzione tecnologica arriva nel XX secolo: la sperimentazione è massima, la possibilità di registrare qualunque suono dà vita alla musica moderna, alle sonorità e agli stili a cui oggi siamo abituati. È intorno agli ’20 e ’30 del ‘900 che il blues inizia a diffondersi, dapprima negli Stati Uniti come canzone popolare degli schiavi nelle piantagioni, quindi come forma musicale più colta e padroneggiata anche dai bianchi. Allo stesso tempo, il jazz di personaggi come Duke Ellington svela al mondo la bravura di un gruppo di artisti che faranno la storia.

… E poi venne Elvis

Mentre la radio si diffonde in tutte le case, il mercato discografico si trasforma in una vera industria: il primo divo, la prima assoluta celebrità, è Elvis Presley, un ragazzo che utilizza la matrice blues per creare un personaggio anticonformista e conturbante che metterà le basi per la successiva rivoluzione culturale degli anni ’60.

La rivoluzione digitale

Abbiamo visto come la nascita della radio e dei supporti di riproduzione abbia cambiato il mondo musicale, trasformando il modo di fruirne e quindi anche le possibilità di creare canzoni e opere. Probabilmente all’epoca nessuno si sarebbe aspettato di trovarsi di fronte a una nuova e ancor più profonda trasformazione come quella che ha comportato la nascita delle tecnologie digitali.

Internet ed mp3

Tutto quello che per noi oggi è normale, solo 15 anni fa sembrava impossibile: avere a disposizione tutto il catalogo musicale mondiale o quasi, in un telefono, sempre e ovunque. I primi passi di questo radicale cambiamento sono da ricercare nella nascita di Internet e nell’arrivo dei formati compressi, tra tutti l’mp3.

Lo streaming

In secondo luogo, è stato lo streaming a creare una netta cesura col passato: potendo ascoltare in tempo reale attraverso una semplice connessione alla rete, d’un tratto i supporti musicali classici (vinile e in particolare il CD) hanno perso la loro funzione. Così il mercato è stato stravolto non solo per gli ascoltatori, ma anche per gli artisti, che si stanno tuttora confrontando con la mancanza di una parte cospicua dei loro introiti, quella corrispondente alla vendita dei dischi.

Tra passato e presente

Ripensando al passato, alla nascita della musica colta europea, uno dei fattori più importanti è stato la creazione di nuovi strumenti e l’esplorazione di nuove forme musicali; poi, all’inizio del ‘900, la possibilità di registrare in presa diretta grazie alla tecnologia ha permesso alla musica di diventare più popolare; infine internet e lo streaming hanno quasi del tutto tagliato il cordone ombelicale tra supporto fisico e ascolto.

Cosa ci riserva il futuro

Cosa aspettarci dal futuro in ambito musicale, dopo aver assistito a uno stravolgimento epocale del settore? Difficile dirlo, perché siamo in piena tempesta.

Il cambiamento è in atto e non pare potersi fermare, la rivoluzione digitale che permea ogni campo delle nostre vite è destinata a proseguire spedita e a mutare molte delle nostre abitudini.

Come è cambiato il mercato

I musicisti devono affrontare la realtà di un mercato in cui i dischi non si vendono più, un discorso che interessa sia band e artisti di fama mondiale, e con ancor più ferocia chi lavora sottotraccia e ha un seguito negli ambienti underground. Le piattaforme di streaming fatturano milioni, a fronte di pagamenti da più fonti indicati come esigui e non proporzionati. Molte grandi star hanno o stanno vendendo il loro intero catalogo musicale per far fronte a queste gravi mancanze economiche.

E gli ascoltatori? Sicuramente le nuove generazioni sono già abituate ad ascoltare la musica con Spotify e il telefono, per cui non hanno alcun bisogno di tornare indietro. È pur vero che resiste uno zoccolo duro che utilizza i supporti classici, in particolare il vinile, con i suoni e le atmosfere inconfondibili di un’epoca che sembra lontanissima, ma la cui eco non ha ancora smesso di risuonare.