Da quando si è sviluppata in chiave moderna, la musica ha sempre preso due strade principali: da un lato, una forma più colta e ricercata, dove la sperimentazione è un fattore cruciale; dall’altro una forma più popolare e accessibile, in cui gli schemi e gli stilemi sono spesso ripetuti per abituare l’ascoltare a qualcosa di familiare.
Con l’esplosione dell’industria discografica, la seconda via ha preso sempre più piede, diventando oggi la forma predominante della musica. La chiamiamo di proposito “leggera” per indicare composizioni e canzoni meno impegnate (ma non per questo meno intense).
È a partire dagli anni ’60 che si viene a parlare di musica pop: Stati Uniti ed Europa, dopo i disastri della guerra, attraversano una fase di intense trasformazioni che portano il blues e il country verso territori nuovi, dal rock and roll al rhythm & blues, dall’hard rock all’hip hop. Le canzoni di protesta dei movimenti giovanili toccano l’apice a metà degli anni ’70, per poi lentamente sfociare nel periodo degli anni ’80, caratterizzato da forme musicali più elettroniche, testi meno politici e una netta predominanza delle grandi etichette a scapito delle case discografiche più di nicchia.